Ciao Kobe: spunti per la vita...

un luogo dove fare due chiacchiere in amicizia
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Gino82
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Ciao Kobe: spunti per la vita...

Messaggio da Gino82 »

Prima che il kitesurf entrasse prorompente nella mia vita, il basket era la mia vera passione.
Quasi venti anni di gioie, delusioni, amicizie e tanti sogni.
Uno sport, come anche potrebbe esserlo la musica o, che so, la pittura.
Qualsiasi cosa di bello e pulito che ti riempie i pensieri e ti parmette di restare bambino. Ancora per qualche momento.

Per questo chiedo gentilmente agli Amministratori, se possibile, di lasciare in questa sezione il post.

La vita è così, come non te l'aspetti.

Ieri è morto uno dei miei Campioni preferiti.


"1989, Kobe Bryant ha 11 anni e mentre si allena a Reggio Emilia si fa male al ginocchio. Nulla di grave ma scoppia a piangere a dirotto nello spogliatoio. Il capitano della squadra prova a consolarlo ma Kobe lo manda a quel paese urlando che quell’infortunio avrebbe precluso il suo approdo in NBA. Tutti i compagni scoppiano a ridere.

7 anni dopo, gioca la sua prima partita NBA con la maglia dei Los Angeles Lakers.

Jamal Crawford: "Un giorno sono entrato in palestra e Kobe stava tirando dal gomito dell’area. Gli ho chiesto “da quanto sei qui?” e lui mi ha risposto “da venti minuti”. Anche a me andava di fare un po’ di tiro e gli ho chiesto se gli andasse di fare una gara. “Non posso” mi rispose “ho appena iniziato con questo tiro”. Gli chiesi se da venti minuti stesse tirando dallo stesso gomito dell’area e mi rispose di sì. “Torna fra 40 minuti, per allora dovrei avere finito”. Me ne andai, ma non volevo credere che una persona potesse tirare per un’ora intera dalla stessa, noiosissima posizione, così tornai 35 minuti dopo e lui era ancora lì. Da 55 minuti tirava dalla stessa identica inutile posizione senza neppure muovere i piedi".

Shaquille O'Neal: "Entrai in palestra e me lo trovai lì. La cosa non mi sorprese particolarmente, anzi, in realtà capitava tutti i giorni. Ma quel giorno c’era qualcosa di strano: non c’era neppure un pallone in tutto il palazzetto, eppure lui era sudato fradicio. Stava provando, completamente da solo, dei movimenti senza palla, robe tipo tagli, blocchi, allontanamenti. Gli chiesi se fosse impazzito. Mi rispose che non capiva come mai nessun altro lo facesse".

Ron Artest: "Sapevo della sua ossessione per il lavoro da solo, e mi convinsi che anche solo per un giorno, sarei dovuto arrivare in palestra prima di lui. Il primo giorno giunsi al palazzetto due ore prima dell’allenamento, e me lo trovai lì. Allora mi presentai tre ore prima dell’allenamento, e lui era lì. Il giorno dopo, per ripicca, arrivai 4 ore prima dell’allenamento, e lui era lì. Mi parve incredibile e gli chiesi “ma non hai due bambine da portare a scuola?” “certo, mi disse, le ho portate alle otto” “non è possibile, sono arrivato alle sette e mezzo e ti ho visto qui”. “Tu mi hai chiesto se ho portato le mie figlie a scuola, non a che ora sono arrivato”.

Marcelo Huertas: "Giocavamo contro Utah, in una serie di partite lontano da casa. Non fui abbastanza rapido a leggere una situazione di pick and roll e la palla mi scappò dalle mani perchè non ero pronto. Chiesi scusa a Kobe che mi aveva fatto il passaggio e lui mi disse di non preoccuparmi e di stare concentrato. La sera, in albergo, stavo per prendere sonno quando sentii bussare alla porta della camera. Entrò Kobe con un iPad su cui aveva messo la registrazione della partita e mi fece rivedere quel pick and roll sbagliato per dieci volte di seguito"

Olimpiadi di Londra 2012, Team Usa. Il primo giorno di preparazione, Kobe chiede il numero di telefono al preparatore fisico. Lo chiama dopo l'allenamento per chiedergli di fare lavoro individuale. Ore 4:15 del mattino... Alle 4:45 i due si trovano in palestra. Lavorano insieme per circa 2 ore, poi il preparatore torna a letto mentre Kobe continua con gli esercizi. Alle 11 ci sarebbe stato allenamento di squadra, e quando il preparatore è arrivato, LeBron, Durant e Melo stavano chiacchierando, ma nell'altra metà campo c'era Kobe sudato che tirava da solo. Il preparatore si avvicina per dirgli che avevano fatto un bel lavoro insieme qualche ora prima. Kobe annuisce. Il preparatore gli chiede a che ora ha finito con gli esercizi. Kobe fa l'ultimo tiro, si gira, lo guarda dritto negli occhi e gli risponde "Proprio adesso".

Come per tutti i grandissimi dello sport, attorno a Kobe si è creata una leggenda capace di frantumare i confini della cronaca per sfociare prima in narrativa e poi in antologia pura. A livello mediatico, commerciale e di esposizione, l’uomo venuto da Philadelphia è stato probabilmente una delle più grandi icone dello sport degli anni a cavallo fra il 90 e il 2000, occupando il vuoto che nei cuori e sui teleschermi aveva lasciato Michael Jordan. Bryant, come forse nessun altro, si è confrontato con due se non tre generazioni diversi di giocatori e di atleti: il palmares dei suoi avversari è tanto straordinario quanto quello dei suoi trionfi. Da Jordan a Iverson, da Duncan a LeBron, Kobe ha fatto quello che solo le leggende sanno fare. Ovvero attraversare la storia.
Andando a guardare gli almanacchi, Bryant ha giocato in partite ufficiali NBA 48.637 minuti in 20 anni di carriera. Sono circa 811 ore di gioco ufficiali, qualcosa intorno al mese e qualche giorno di pallacanestro ininterrotta. Quella della ricerca matematica è una strada pericolosa da proseguire, poichè i numeri del Mamba sono qualcosa da mal di testa. L’eredità, in termini statistici, lasciata da Bryant ai notai della palla a spicchi perde di significato ogni passo avanti. 5 volte campione NBA, 2 volte MVP delle Finals, 18 volte All-Star, 12 volte all-defensive-team, 15 volte all-american-team, campione della gara delle schiacciate, 17 volte giocatore del mese, medaglia d’oro nel 2007 ai Tournament of Americas e alle Olimpiadi del 2008 e 2012. Eccetera eccetera (ripetuto decine di volte).
Come quasi sempre accade per i grandi atleti e le strabordanti personalità, anche Bryant è stato un uomo rincorso dall’enorme croce della perfezione. È stato un maniaco della condizione fisica, della preparazione mentale, dei dettagli, della puntualità, un ossessivo compulsivo perennemente in bilico fra il cercare di essere una persona normale ed amata da compagni e pubblico e il lasciarsi andare all’istinto solitario, alla sregolatezza intima del talento. Come il pendolo di Foucault, il 24 ha ondeggiato con moto quasi perpetuo fra l’essere molto divertente e molto antipatico, estremamente affabile o inavvicinabile, largamente benvoluto o profondamente odiato. Proprio per questo, il Mamba ha sempre conservato un magnetismo affascinante e difficile da spiegare.
Per tanti di noi tra i 30 e i 40 anni, Kobe ha rappresentato due terzi della vita. Un’infinità, a pensarci bene. Poche cose sono state così costanti, nella nostra esistenza, come la certezza di trovare Bryant negli score NBA. E' stato un riferimento della nostra vita, non per forza con accezioni positive o negative, ma nel senso specifico di un punto fisso in un paesaggio in movimento. È cambiato rimanendo fermo, “the same, but different”, accompagnando in un certo qual senso la parabola di una generazione, passando da Campione della gara delle schiacciate a vincitore del Titolo, a MVP, a leader ed infine a leggenda. Bryant è stato un compagno di strada per molti di noi. Forse anche per il suo perfetto italiano che ce lo ha fatto sentire un po' più "nostro" rispetto agli altri.
Siamo tutti ancora scioccati. Per lui e per sua figlia Gianna, promessa del basket femminile, morti mentre andavano ad un allenamento della tredicenne. Siamo scioccati per sua moglie e per le altre tre figlie che non avranno più un marito, un padre, una figlia, una sorella.

Un destino infame ci ha portato via Kobe Bryant a soli 41 anni.

Ma quello che ha fatto su questa terra, quello che ha fatto per il nostro sport e quello che è impresso a fuoco nelle nostre menti e nel nostro cuore, non ce lo potrà mai portar via nessuno."



Non sono una persona particolarmente "social", ma in questa circostanza non riesco a farne a meno.
Una serie di eventi che mi hanno fatto tornare a giocare una partitella proprio giovedì sera scorso, dopo otto anni in cui non toccavo un pallone.
Mi reputo una persona netta e col basket ci avevo dato un taglio.
Invece ho scoperto che il vero amore non finisce mai.
E la notizia di Kobe mi tocca profondamente.

Mi sento di aggiungere un messaggio che trovo unico per fattura e contenuti.
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Che sia uno spunto per riflettere a 360 gradi sulla vita, e la sua fine...
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ErPiotta71
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Re: Ciao Kobe: spunti per la vita...

Messaggio da ErPiotta71 »

RIP a Kobe : notworthyc : : notworthyc : : notworthyc :
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