Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

sezione dedicata al Wing Foil e suoi simili (Sup Foil, Surf Foil, Wind Foil etc)
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Zork17
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Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Zork17 »

Ciao a tutti!
Mi sto sempre più interessando al wingfoil e vorrei chiedere consigli se partendo da Firenze posso trovare buoni spot per praticare questo sport e noleggiare attrezzatura!

Diciamo entro 4 ore di macchina tra andare e tornare.

C'è qualcuno di Firenze qui nel forum?

Grazie
Alewing
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Alewing »

Ciao,
Calambrone in inverno.
In estate zona cecina per i termici.
Per le scuole io ho fatto una lezione allo spot1.
Ti invio un mess privato.
Dave85
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Dave85 »

Ciao,
non sono di Firenze ma ci lavoro spesso.
Mi sono fermato alcune volte a Bilancino. Con il meteo giusto sa regalare buone giornate. Devi avere la tua attrezzatura però. Ovvio che c`e` di meglio ma visto la vicinanza è da prendere in considerazione.
Per il nolo attrezzatura + corso hai a disposizione anche le spiaggia bianche di Rosignano (io l`unica lezione l`ho fatta li) e Talamone che però è un po`più boarder line con i tempi indicati.
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perfect10
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da perfect10 »

Spot ci sono...ma per vento dai 15 in su bisogna conoscere le caratteristiche dei vari spot, pena l incipressamento ovvero beccare lo spot sbagliato per quel giorno.
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Masaccio
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Masaccio »

perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 l incipressamento
Mai sentito questo termine (a Roma, perlomeno)

Però rende molto bene l'idea, con quella nota nostalgica e il rimando a Carducci e alla Maremma toscana, quantomai on topic! : Chessygrin :
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Zork17 »

perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 Spot ci sono...ma per vento dai 15 in su bisogna conoscere le caratteristiche dei vari spot, pena l incipressamento ovvero beccare lo spot sbagliato per quel giorno.
Grazie delle dritte! Essendo principiante mi consiglieresti spot con vento maggiore o minore di 15 nodi?
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da perfect10 »

Zork17 ha scritto: 27/07/2023, 15:22
perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 Spot ci sono...ma per vento dai 15 in su bisogna conoscere le caratteristiche dei vari spot, pena l incipressamento ovvero beccare lo spot sbagliato per quel giorno.
Grazie delle dritte! Essendo principiante mi consiglieresti spot con vento maggiore o minore di 15 nodi?
15-18 sono l ideale cmq sopra i 12 a meno che non pesi 50 kg ...oggi per esempio lavorano spot quecianella vada....e maremma
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da perfect10 »

Masaccio ha scritto: 27/07/2023, 11:56
perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 l incipressamento
Mai sentito questo termine (a Roma, perlomeno)

Però rende molto bene l'idea, con quella nota nostalgica e il rimando a Carducci e alla Maremma toscana, quantomai on topic! : Chessygrin :
Il termine descrive sia la fase statica fitologica (piantato come un...) con un vago riferimento cimiteriale ( più che vento un mortorio).. : ahahah :
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Zork17 »

[/quote]
15-18 sono l ideale cmq sopra i 12 a meno che non pesi 50 kg ...oggi per esempio lavorano spot quecianella vada....e maremma
[/quote]

Capito : Thumbup : grazie!
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manu
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da manu »

Masaccio ha scritto: 27/07/2023, 11:56
perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 l incipressamento
Mai sentito questo termine (a Roma, perlomeno)

Però rende molto bene l'idea, con quella nota nostalgica e il rimando a Carducci e alla Maremma toscana, quantomai on topic! : Chessygrin :
Non andrò a fare wing vicino a Firenze ma mi sono letto la poesia di Carducci... : think :

Davanti San Guido

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e – Ben torni omai –
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –

– Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei –
Guardando io rispondeva – oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!… via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. – Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
– Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;

E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. –

Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Titti – rispondea – ; lasciatem’ ire.
È la Titti come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio cipressi! addio, dolce mio piano! –

– Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? –
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia;

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Pieno di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

– Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. –

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.


Davanti San Guido di Giosuè Carducci: parafrasi

Gli alti cipressi che, in doppio filare, costeggiano la strada verso l’oratorio di San Guido nella Maremma come dei giovani giganti sembrano correre incontro al poeta e guardarlo negli occhi.
I cari cipressi paiono riconoscerlo e, con le chiome piegate all’ingiù, bisbigliano dicendo che finalmente è tornato e gli domandano perché non scende dal treno per fermarsi un poco con loro, visto che la sera nella campagna è piacevole e lui conosce la strada.
Gli dicono di sedersi sotto la loro ombra profumata, da cui si sente il vento di maestrale che arriva direttamente dal mare. I cipressi confessano al poeta di non portare alcun rancore per i sassi che lui tirava loro da bambino, perché non erano colpi dolorosi.
Dicono che tra i loro rami gli usignoli fanno ancora il nido e si chiedono perché lui stia correndo via così velocemente. Di nuovo gli chiedono di restare mentre i passerotti vivaci volteggiano sereni tra le fronde.

Il poeta risponde affettuosamente ai cipressi, dicendo che loro sono tuttora i fedeli amici della sua età più bella (l’infanzia, Ndr), e che vorrebbe sinceramente poter restare in loro compagnia. Ma devono sapere che ormai non è più quel tempo, lui non è più un bambino e loro non sanno che ora è diventato un uomo celebre, un famoso intellettuale. Conosce il greco e il latino, scrive moltissimo, dice di non essere più quel bambino vivace e impertinente che tirava sassi alle piante.
Fra le cime dei cipressi sembra esserci un mormorio di incredulità, mentre rosseggia il tramonto si intravede come un sorriso caritatevole tra il verde scuro delle chiome.

Il poeta allora capisce che i cipressi e il sole hanno pietà di lui. Quel mormorio si trasforma presto in parole con cui i cipressi dicono al poeta che sanno benissimo che lui è un uomo infelice.
Lo sanno perché glielo ha riferito il vento, che è in grado di cogliere i sospiri degli uomini e sanno che nel profondo del poeta si agitano continui conflitti e tormenti che lui non sa come calmare.
Dicono al poeta di raccontare alle querce e ai cipressi la sua tristezza e il suo dolore. Gli consigliano di guardare il mare che è calmo e azzurro, di guardare come gli sorride il sole splendente che tramonta sull’acqua.

Gli dicono che il cielo è punteggiato dagli uccelli in volo e che il verso dei passeri è tanto allegro. Di notte si sentiranno cantare gli usignoli, quindi i cipressi chiedono ancora al poeta di fermarsi un attimo e di non inseguire quei cattivi pensieri che tanto lo fanno soffrire.

I crudeli fantasmi che escono dal profondo del vostro cuore - dicono i cipressi - sono tormentati pensieri che balzano come fiamme putride, uscite fuori dai vostri cimiteri. Fermati passeggero e noi domani, quando a mezzogiorno i cavalli si riposano all’ombra delle grandi querce e c’è silenzio in tutta la pianura assolata, canteremo per te quei cori che eternamente cantano tra terra e cielo; le ninfe usciranno fuori dagli alberi di olmo, facendoti aria con i loro veli bianchi.
L’immortale Dio Pan che sulle colline solitarie a quell’ora se ne va a passeggiare, calmerà i dissapori delle tue preoccupazioni, o uomo mortale, facendo affondare i tuoi tormenti nell’armonia divina della natura.

Il poeta risponde che oltre l’Appennino lo aspetta la Tittì (la sua bambina più piccola, Ndr) e quindi devono lasciarlo andare. Dice che la Tittì è come un uccellino, però non ha piume per potersi vestire.
Tittì mangia ben altre cose che le bacche di cipresso (come fanno i passerotti), dice anche di non essere un seguace di Manzoni che riesce a ottenere alti stipendi per vivere bene. Il poeta dice allora addio ai cipressi e alla pianura che gli è tanto cara.

I cipressi chiedono dunque al poeta cosa devono dire al cimitero, dove riposa la sua cara nonna. E sembrano fuggire come un corteo in lutto che brontola e se ne va via veloce.
In quel momento dalla cima del colle, lì dove c’è il cimitero, lungo la via costeggiata dai cipressi, al poeta sembra di rivedere nonna Lucia, una figura alta, solenne e vestita di nero.
La signora Lucia, coi capelli bianchi e mossi, che parlava il vero toscano, tanto bello e diverso dall’uso che ne fanno i seguaci di Manzoni.
La vede scendere dal cimitero parlando con un tono musicale, con quell’accento un po’ triste tipico della Versilia; il tono della nonna, forte e soave insieme, ricorda al poeta i canti popolari del Trecento.
Il poeta ricorda la nonna Lucia, dicendo quanto era bella la favola che gli raccontava da bambino, di raccontarla di nuovo all’uomo adulto la favola della fanciulla che cerca il suo amore perduto.
La favola dice che la giovane ha consumato sette paia di scarpe di ferro per poterlo ritrovare e sette bastoni di ferro ha rovinato per potersi appoggiare nel suo incerto cammino.
Ha riempito sette fiaschi di lacrime, ha pianto lacrime amare per sette lunghi anni, tuttavia il suo amato continua a dormire e anche quando è mattina non vuoi svegliarsi.
Si rivolge di nuovo alla nonna Lucia dicendo che quella favola è proprio bella e vera, e forse la felicità che il poeta ha cercato per tanti anni, forse si trova proprio nei luoghi della sua infanzia.
La pace si trova sotto a quei cipressi dove ormai non spera di sedersi mai più, oppure è lì nel cimitero dove riposa la nonna, tra quei cipressi sulla collina.

Il treno corre via sbuffando vapore, mentre il poeta osserva malinconico un branco di puledri correre dietro alla locomotiva in transito.
Vede anche un asino grigio che, mentre rosicchia un cardo rosso e azzurro, non si sposta d’un passo e non bada al rumore. L’asino non solleva neppure gli occhi al passaggio del treno e continua a brucare lentamente, con un indifferenza granitica, l’erba del prato.




...e dalla lettura ed analisi del testo si evince che: in prossimitá dei cipressi di Carducci soffia dal mare il maestrale, per cui, carduccianamente parlando,
incipressarsi significherebbe trovare il vento e quindi lo spot giusto! : Yahooo :

Per cui, spero di venire presto ad incipressarmi vicino a Firenze! : dribbleg :

Si, si, molto in topic! : ahahah :
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da mikite »

Se sei all inizio è da considerare acqua piatta.... Un lago o da Firenze io andrei a Talamone
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Zork17 »

mikite ha scritto: 31/07/2023, 9:55 Se sei all inizio è da considerare acqua piatta.... Un lago o da Firenze io andrei a Talamone
Ciao e grazie del suggerimento...pensavo Lago del Bilancino!
Qualche volta sono stato a fare SUP lì...per il wingfoil qualcuno sa quale zona del lago Bilancino sarebbe buona? Ovviamente in relazione al tipo di vento (direzione che tira).

Grazie
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da perfect10 »

Ok...ma a marina di Castagneto carducci il vento migliore è...l Ostro...mi dispiace per Giosuè : whistlingb :
manu ha scritto: 28/07/2023, 0:54
Masaccio ha scritto: 27/07/2023, 11:56
perfect10 ha scritto: 27/07/2023, 9:29 l incipressamento
Mai sentito questo termine (a Roma, perlomeno)

Però rende molto bene l'idea, con quella nota nostalgica e il rimando a Carducci e alla Maremma toscana, quantomai on topic! : Chessygrin :
Non andrò a fare wing vicino a Firenze ma mi sono letto la poesia di Carducci... : think :

Davanti San Guido

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e – Ben torni omai –
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino –
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! –

– Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei –
Guardando io rispondeva – oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!… via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. – Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
– Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;

E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. –

Ed io – Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Titti – rispondea – ; lasciatem’ ire.
È la Titti come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio cipressi! addio, dolce mio piano! –

– Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? –
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia;

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Pieno di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

– Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. –

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.


Davanti San Guido di Giosuè Carducci: parafrasi

Gli alti cipressi che, in doppio filare, costeggiano la strada verso l’oratorio di San Guido nella Maremma come dei giovani giganti sembrano correre incontro al poeta e guardarlo negli occhi.
I cari cipressi paiono riconoscerlo e, con le chiome piegate all’ingiù, bisbigliano dicendo che finalmente è tornato e gli domandano perché non scende dal treno per fermarsi un poco con loro, visto che la sera nella campagna è piacevole e lui conosce la strada.
Gli dicono di sedersi sotto la loro ombra profumata, da cui si sente il vento di maestrale che arriva direttamente dal mare. I cipressi confessano al poeta di non portare alcun rancore per i sassi che lui tirava loro da bambino, perché non erano colpi dolorosi.
Dicono che tra i loro rami gli usignoli fanno ancora il nido e si chiedono perché lui stia correndo via così velocemente. Di nuovo gli chiedono di restare mentre i passerotti vivaci volteggiano sereni tra le fronde.

Il poeta risponde affettuosamente ai cipressi, dicendo che loro sono tuttora i fedeli amici della sua età più bella (l’infanzia, Ndr), e che vorrebbe sinceramente poter restare in loro compagnia. Ma devono sapere che ormai non è più quel tempo, lui non è più un bambino e loro non sanno che ora è diventato un uomo celebre, un famoso intellettuale. Conosce il greco e il latino, scrive moltissimo, dice di non essere più quel bambino vivace e impertinente che tirava sassi alle piante.
Fra le cime dei cipressi sembra esserci un mormorio di incredulità, mentre rosseggia il tramonto si intravede come un sorriso caritatevole tra il verde scuro delle chiome.

Il poeta allora capisce che i cipressi e il sole hanno pietà di lui. Quel mormorio si trasforma presto in parole con cui i cipressi dicono al poeta che sanno benissimo che lui è un uomo infelice.
Lo sanno perché glielo ha riferito il vento, che è in grado di cogliere i sospiri degli uomini e sanno che nel profondo del poeta si agitano continui conflitti e tormenti che lui non sa come calmare.
Dicono al poeta di raccontare alle querce e ai cipressi la sua tristezza e il suo dolore. Gli consigliano di guardare il mare che è calmo e azzurro, di guardare come gli sorride il sole splendente che tramonta sull’acqua.

Gli dicono che il cielo è punteggiato dagli uccelli in volo e che il verso dei passeri è tanto allegro. Di notte si sentiranno cantare gli usignoli, quindi i cipressi chiedono ancora al poeta di fermarsi un attimo e di non inseguire quei cattivi pensieri che tanto lo fanno soffrire.

I crudeli fantasmi che escono dal profondo del vostro cuore - dicono i cipressi - sono tormentati pensieri che balzano come fiamme putride, uscite fuori dai vostri cimiteri. Fermati passeggero e noi domani, quando a mezzogiorno i cavalli si riposano all’ombra delle grandi querce e c’è silenzio in tutta la pianura assolata, canteremo per te quei cori che eternamente cantano tra terra e cielo; le ninfe usciranno fuori dagli alberi di olmo, facendoti aria con i loro veli bianchi.
L’immortale Dio Pan che sulle colline solitarie a quell’ora se ne va a passeggiare, calmerà i dissapori delle tue preoccupazioni, o uomo mortale, facendo affondare i tuoi tormenti nell’armonia divina della natura.

Il poeta risponde che oltre l’Appennino lo aspetta la Tittì (la sua bambina più piccola, Ndr) e quindi devono lasciarlo andare. Dice che la Tittì è come un uccellino, però non ha piume per potersi vestire.
Tittì mangia ben altre cose che le bacche di cipresso (come fanno i passerotti), dice anche di non essere un seguace di Manzoni che riesce a ottenere alti stipendi per vivere bene. Il poeta dice allora addio ai cipressi e alla pianura che gli è tanto cara.

I cipressi chiedono dunque al poeta cosa devono dire al cimitero, dove riposa la sua cara nonna. E sembrano fuggire come un corteo in lutto che brontola e se ne va via veloce.
In quel momento dalla cima del colle, lì dove c’è il cimitero, lungo la via costeggiata dai cipressi, al poeta sembra di rivedere nonna Lucia, una figura alta, solenne e vestita di nero.
La signora Lucia, coi capelli bianchi e mossi, che parlava il vero toscano, tanto bello e diverso dall’uso che ne fanno i seguaci di Manzoni.
La vede scendere dal cimitero parlando con un tono musicale, con quell’accento un po’ triste tipico della Versilia; il tono della nonna, forte e soave insieme, ricorda al poeta i canti popolari del Trecento.
Il poeta ricorda la nonna Lucia, dicendo quanto era bella la favola che gli raccontava da bambino, di raccontarla di nuovo all’uomo adulto la favola della fanciulla che cerca il suo amore perduto.
La favola dice che la giovane ha consumato sette paia di scarpe di ferro per poterlo ritrovare e sette bastoni di ferro ha rovinato per potersi appoggiare nel suo incerto cammino.
Ha riempito sette fiaschi di lacrime, ha pianto lacrime amare per sette lunghi anni, tuttavia il suo amato continua a dormire e anche quando è mattina non vuoi svegliarsi.
Si rivolge di nuovo alla nonna Lucia dicendo che quella favola è proprio bella e vera, e forse la felicità che il poeta ha cercato per tanti anni, forse si trova proprio nei luoghi della sua infanzia.
La pace si trova sotto a quei cipressi dove ormai non spera di sedersi mai più, oppure è lì nel cimitero dove riposa la nonna, tra quei cipressi sulla collina.

Il treno corre via sbuffando vapore, mentre il poeta osserva malinconico un branco di puledri correre dietro alla locomotiva in transito.
Vede anche un asino grigio che, mentre rosicchia un cardo rosso e azzurro, non si sposta d’un passo e non bada al rumore. L’asino non solleva neppure gli occhi al passaggio del treno e continua a brucare lentamente, con un indifferenza granitica, l’erba del prato.




...e dalla lettura ed analisi del testo si evince che: in prossimitá dei cipressi di Carducci soffia dal mare il maestrale, per cui, carduccianamente parlando,
incipressarsi significherebbe trovare il vento e quindi lo spot giusto! : Yahooo :

Per cui, spero di venire presto ad incipressarmi vicino a Firenze! : dribbleg :

Si, si, molto in topic! : ahahah :
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da manu »

perfect10 ha scritto: 31/07/2023, 13:43 Ok...ma a marina di Castagneto carducci il vento migliore è...l Ostro...mi dispiace per Giosuè : whistlingb :
Io lo capisco, uno che fa il poeta per sbarcare il lunario di certo non ci mette l'Ostro nella poesia....con cosa gli fai fare rima...!? : think :

...vuoi mettere il Maestrale!? Si vende molto meglio! : ahahah :

l'ha messo anche nella poesia "San Martino" : Chessygrin : io avrei messo il Garbino... : ahahah :
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Re: Da Firenze...consigli su spot Wingfoil

Messaggio da Zork17 »

Dave85 ha scritto: 31/07/2023, 15:19 Quì trovi tutto quello che ti serve

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: Thumbup : grazie mille!
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